Elisabetta Reyneri, torinese ma milanese d’adozione, è molto più di una “semplice” giurista impegnata nel difficile percorso per diventare avvocato ambientale. Lei infatti è un’attivista per l’ambiente, e un’esponente della Greta generation (ha infatti solo 28 anni). Da anni si batte per un ambiente più sano e un’aria meno inquinata, e per sensibilizzare la cittadinanza su questo tema così cruciale. Ha un’energia incredibile (ha appena dato alle stampe il suo primo libro!) e tantissima voglia di cambiare il mondo per renderlo “migliore, più vivibile e salubre, con meno disuguaglianze”.
Insomma, Elisabetta è una giovane leader, green e donna, tenace e ottimista. E dato che condivide gli stessi valori e le stesse preoccupazioni di così tanti membri della comunità UpSens, abbiamo deciso di conoscerla un po’ meglio. Nel corso della conversazione abbiamo toccato tanti temi: dalla sfida di respirare in strada un’aria più pulita a quella di respirare anche negli spazi indoor un’aria migliore, dall’importanza della Convenzione di Aarhus alla portata delle azioni individuali. Buona lettura!

Elisabetta, prima di tutto raccontaci la tua storia, il tuo background, le tue passioni e i tuoi obiettivi.
Sono nata e cresciuta a Torino, ma mi sono trasferita a Milano qualche anno fa…
Due città che qualche problemino di inquinamento atmosferico lo hanno, purtroppo.
Esatto. Però forse proprio grazie a Torino e a Milano mi sono interessata alla vita urbana, alle sue problematiche ma anche ai suoi vantaggi. E durante i miei studi di giurisprudenza ho avuto la grande opportunità di studiare in diverse città europee, tra Erasmus e scambi culturali. Questo mi ha fatto sentire non soltanto una ragazza molto fortunata, ma una vera cittadina europea! Nel corso dei miei studi mi sono concentrata in particolare sul diritto ambientale, materia in cui mi sono specializzata grazie a una tesi sulle valutazioni di impatto ambientale nella giurisprudenza europea.
Il diritto è una tua passione. Ne hai altre?
Molte! Per esempio vivere la natura, trascorrere tanto tempo all’aperto. Faccio moltissimo sport, mi piace nuotare, concedermi lunghe passeggiate. E ancora, adoro il cinema (e infatti prima dello scoppio della pandemia ci andavo spesso), uscire con gli amici, dipingere e scrivere.

E quali sono i tuoi obiettivi?
Vorrei contribuire a un mondo più equo, sano, dove tutte le persone possano vivere in modo soddisfacente e possano contare su condizioni di vivibilità ottimali. Mi piacerebbe davvero dare una mano a lasciare il mondo in uno stato migliore di quello attuale.
È bellissimo. Ognuno deve fare ciò che può. Come ricorda spesso la CEO di UpSens Ketty Paller, “il mare è fatto di gocce, la foresta è fatta di alberi”. Elisabetta, perché ti sei appassionata così tanto al tema dell’aria pulita?
Mi sono appassionata a questo tema perché, come ti dicevo, ho vissuto la maggior parte della mia vita nella Pianura padana, prima a Torino e poi a Milano. E mi sono dovuta per forza confrontare con questo tema importante. Sappiamo che la qualità dell’aria nell’Italia del nord non è ottimale, anzi, purtroppo è particolarmente inquinata. Voglio ricordare che l’Italia ha due procedure di infrazione attive di fronte alla Corte di Giustizia della UE proprio perché sforiamo i limiti legali per il particolato e anche per il biossido di azoto. Sappiamo anche le città della Pianura padana sono fra le peggiori in Europa dal punto di vista dell’inquinamento.
Ma mi sono veramente appassionata al tema della qualità dell’aria quando ho cominciato ad approfondirlo. Non si tratta solo di conoscere i dettagli scientifici e normativi. Io voglio sensibilizzare di più le persone, contribuire al cambiamento! Infatti le conseguenze della cattiva qualità dell’aria le viviamo tutti sulla nostra pelle, sulla nostra salute. Questa voglia di contribuire a cambiare le cose mi ha spinta a darmi da fare, ad avvicinarmi al mondo dell’associazionismo, a parlare del tema in ogni sede possibile.
Eri interessata ai temi ambientali già da adolescente?
Sì, assolutamente. Infatti ho la fortuna di avere una mamma botanica e un papà agronomo che mi hanno abituata ad osservare l’ambiente che mi circonda. Sono cresciuta sulle colline torinesi, dove ero sempre a contatto con la natura e penso che questo mi abbia dato una sensibilità particolare. Crescendo ho iniziato ad informarmi, e più mi informavo più sentivo la necessità di fare qualcosa, di dare il mio contributo, per quanto piccolo.

C’è un avvenimento, in particolare, che è stato un po’ uno spartiacque? Per esempio per la fondatrice di UpSens, Ketty Paller, è stata la nascita di sua figlia Gaia, come ha raccontato in un ebook.
Anni fa, prima dei movimenti giovanili per il clima e prima che si iniziasse a parlare in modo così diffuso di ambiente, ho organizzato con un amico degli eventi di raccolta-rifiuti nel torinese perché i bordi delle strade erano troppo sporchi e noi volevamo fare qualcosa. Questa è stata la mia prima azione concreta.
Perché combattere l’inquinamento dell’aria dovrebbe essere una priorità per i milanesi, per i torinesi e in general per tutti gli italiani?
Combattere l’inquinamento dell’aria è fondamentale, non a caso esso è stato classificato come il primo rischio ambientale che minaccia la salute umana in Europa. Questo perché non possiamo scegliere l’aria che respiriamo, a differenza di ciò che mangiamo o beviamo. E l’aria inquinata ha gravissime ricadute sulla nostra salute e sul nostro organismo. Degli studi di pochi anni fa sono giunti alla conclusione che chi vive in Pianura padana perde tre anni di vita perché respira aria inquinata. Un dato terribile che ci fa capire la gravità del problema.
Combattere l’inquinamento è una cosa che possiamo fare sia a livello individuale, compiendo scelte meno inquinanti (ad esempio coibentare la nostra abitazione o scegliere dei mezzi di mobilità sostenibile e usare meno l’auto) che a livello collettivo, ad esempio chiedendo alle amministrazioni di attivarsi di più. Ancora, possiamo iscriverci e lavorare per associazioni che si occupano di questi temi, come ho fatto io.
Respirare aria pulita è un diritto?
Sì, lo è. È un diritto che deve essere garantito dalle amministrazioni pubbliche, quindi da chi ha l’autorità e la possibilità di farlo nel modo più efficace possibile. Nella Costituzione non è scritto espressamente, però l’art. 32 recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”; questo significa tutela della salute, diritto alla salute. Un diritto che, ovviamente, è strettamente collegato anche a quello di respirare aria pulita. Esistono poi molti trattati internazionali, anche europei, basti pensare alla CEDU (la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), che parla di garantire a tutti il diritto alla famiglia, a una vita sana e salubre, o a una risoluzione delle Nazioni Uniti, di poche settimane fa, che istituisce il diritto umano a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile. Quindi, pur non essendoci nessun riferimento diretto all’aria, l’aria pulita è sottesa in tutte queste formulazioni di diritti. Quindi sì, respirare aria pulita è un diritto, e se non viene tutelato è possibile agire per vie legali, cioè chiedere che venga rispettato di fronte a un tribunale.
Dobbiamo tutti dare il nostro contributo. Ognuno come può, con le sue competenze e le sue specializzazioni. Tu ad esempio sei una giovane legale, e nell’associazione dove operi hai mansioni in primis legali (ma non solo: so che coordini vari progetti e partecipi pure a iniziative di divulgazione e sensibilizzazione). UpSens invece è un’azienda di ingegneri e tecnici, e sviluppa innovativa tecnologia per il monitoraggio ambientale. In ogni caso dobbiamo tutti mobilitarci per respirare un’aria migliore nelle nostre città, in Italia e in Europa, è corretto?
Sì, è assolutamente così. Molto spesso pensiamo che le scelte possano essere fatte unicamente dalle amministrazioni, cioè da chi ci governa. Questo è un assunto fondamentale e verissimo, e infatti sono gli amministratori che ci pongono, con le loro decisioni e azioni, nelle condizioni di inquinare il meno possibile. Però non finisce qui, nel senso che ci vuole l’impegno di tutti perché i livelli di inquinamento diminuiscano e quindi che la qualità dell’aria migliori.
L’inquinamento deriva da fonti diverse, come l’industria, i trasporti, quindi a livello apicale chi ci amministra può fare tantissimo, ed è da lì che può e deve venire la svolta. Però sono poi i cittadini che vivono gli effetti della normativa e delle politiche decise e possono veramente, anche con le loro azioni quotidiane, cambiare la situazione in meglio. L’individuo conta, però è la collettività a essere decisiva, quindi è importante considerarci non solo come individui ma come parte di un gruppo di persone più ampio, dotato quindi di un grande potere di azione.
Tu sei una giovane legale. I tuoi coetanei sono sensibili a temi come l’aria pulita?
Sì e no [ride]. È difficile rispondere alla domanda. Sì, penso che le nuove generazioni siano molto più sensibili verso i temi ambientali e la sostenibilità. In questo periodo si parla molto di ambiente, è un momento senz’altro propizio, però il tema dell’aria pulita fa meno breccia di altri, come la crisi climatica o l’inquinamento da plastica. L’inquinamento viene chiamato il “nemico invisibile” proprio perché non si vede, spesso non si annusa neanche, ma è presente e purtroppo impatta sulla nostra salute. Trovo quindi che sicuramente i giovani di oggi stiano facendo numerosi passi avanti, tuttavia bisogna continuare a mobilitare e a sensibilizzare le persone e in particolare i giovani, perché sono loro, noi, a poter spingere per il cambiamento.

Per UpSens la qualità dell’aria indoor è una priorità. Tu sei consapevole che in casa respiriamo spesso aria più inquinata di quella che inaliamo all’esterno?
Purtroppo spesso non ci pensiamo e crediamo che essere in casa ci tuteli e ci protegga dall’inquinamento. In realtà l’inquinamento è presente sia negli spazi esterni sia in quelli chiusi; anzi, in questi ultimi può esserci in concentrazioni persino più elevate che all’aperto. So che UpSens si preoccupa di monitorare le concentrazioni di CO2, VOC ecc. negli spazi chiusi, e trovo che sia un lavoro fondamentale, io stessa [ride] vorrei avere uno di questi dispositivi perché sarei curiosissima di sapere quali concentrazioni ci sono a casa mia.
Il tema della qualità dell’aria indoor è fondamentale. Per esempio, noi sappiamo che riscaldare la casa con una stufa fa sì che la stessa stufa produca e rilasci moltissimo particolato, e questo particolato poi va a concentrarsi proprio in casa, negli spazi in cui abitiamo. Il risultato è che vengono impregnati anche i tessuti, ad esempio quelli del divano. Quindi non dobbiamo tutelarci solo per strada, in mezzo al traffico, o quando i bollettini ci avvisano di condizioni di particolare inquinamento atmosferico, ma pure in cucina, camera da letto o in soggiorno. La difesa delle persone dall’inquinamento parte anche dall’interno delle nostre abitazioni, anzi, questo è un passo fondamentale per respirare un’aria migliore.
Cos’è la Convenzione di Aarhus e perché è così importante?
Si tratta della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia ambientale. Si chiama così perché è stata firmata proprio ad Aarhus, in Danimarca, nel 1998. È una convenzione internazionale in materia ambientale ed è molto importante, tanto che i giuristi la considerano una sorta di fondamento di tutto il diritto ambientale. Ad esempio, garantendo l’accesso alle informazioni ambientali è possibile visionare dati che possono assumere le forme più svariate, come grafici, video o report, che sono fondamentali per conoscere lo stato del nostro ambiente.
L’accesso alle informazioni ambientali detenute dalle pubbliche amministrazioni, proprio per la loro rilevanza, deve essere garantito in modo ampio e diffuso, tant’è vero che di solito non dovrebbe nemmeno essere necessaria fornire una motivazione particolarmente dettagliata per richiederlo.
E immagino che non sia tutto…
No. La Convenzione di Aarhus è molto importante anche perché prevede la partecipazione delle persone ai procedimenti amministrativi relativi all’materie ambientali. La cittadinanza, in tutte le sue forme, deve essere partecipe quando sono in gioco decisioni che riguardano l’ambiente in quanto impatta sulla vita e la salute di tutti noi. Infine, la Convenzione pone la disciplina sull’accesso alla giustizia in materia ambientale. Si pensi a tutta la recente giurisprudenza che si è andata a formare sulle questioni climatiche e ambientali. In assenza della Convenzione di Aarhus probabilmente questa giurisprudenza non si sarebbe prodotta, e quindi vivremmo in un ambiente più deteriorato di quello attuale.

Tu sei una giovane leader per l’ambiente. Cos’è la leadership secondo te?
Direi che per me occuparmi di queste questioni è una chiamata. E mi sento fortunata ad essere così coinvolta in tematiche che sono estremamente gravi, ma anche attuali e sentite da un crescente numero di persone. A mio parere leadership significa in primo luogo sentirsi ispirati, sentire di poter fare qualcosa e che la propria passione e le proprie azioni possono davvero spingere gli altri a fare di più, a fare meglio, in primo luogo i decisori politici ma anche le persone che ci circondano.
Noi giovani siamo gli adulti del domani. Ecco perché dobbiamo essere ispirati, tenaci e non mollare mai, neanche quando il pessimismo prevale, perché i dati sono spesso oggettivamente preoccupanti. Ma la tenacia deve essere più forte dello sconforto, la speranza più grande del pessimismo.
Tenacia è una parola che fa parte del lessico UpSens, al pari di altre, ad esempio rispetto, resilienza, innovazione. A proposito di parole: tu hai appena scritto un libro importante, ce ne puoi parlare? Di cosa si tratta?
Certo! Sono davvero felice di annunciare che ho scritto un libro dal titolo “Crisi climatica: istruzioni per l’uso”. È appena uscito, e verte, come dice il titolo, sulla crisi climatica. Vuole essere soprattutto una guida per chiunque si voglia informare su questo tema cruciale. Infatti fornisce delle informazioni accreditate sull’impatto sul clima che hanno vari settori economici, ad esempio i trasporti o la produzione energetica, l’industria della moda o l’edilizia. Poi c’è una parte che riguarda anche l’evoluzione della percezione umana sul cambiamento climatico, dalle prime scoperte di fine Ottocento fino ai nostri odierni movimenti per il clima e ai summit dei potenti relativi a questo tema, le COP. Infine, e questa è una parte a cui tengo molto, ho inserito una serie di consigli pratici che ognuno di noi può adottare per ridurre il proprio “carbon footprint”, ossia le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera a livello individuale; non tanto perché noi, come individui, possiamo essere gli unici fautori del cambiamento, quanto piuttosto perché siamo e dobbiamo considerarci parte di una collettività, perché solo quando facciamo questo siamo davvero efficaci e possiamo essere quel cambiamento di cui c’è così tanto bisogno.
Non dobbiamo considerarci soltanto consumatori, ma anche cittadini, persone in grado di coinvolgere e ispirarne tantissime altre. Possiamo parlare di determinate tematiche, possiamo agire in un certo modo, possiamo veramente essere da esempio per molte persone e portare i politici a cambiare rotta. Anche perché il cambiamento deve pur cominciare da qualche parte, e partendo dalla nostra sfera di azione noi siamo i primi che possono farlo. Il mio è un libro che vuole dare speranza: il cambiamento è possibile, si può ottenere un mondo migliore, più sano e salubre, con meno disuguaglianze e lo possiamo e dobbiamo fare a partire da adesso. Siamo già pericolosamente in ritardo! Contiene tante informazioni, informazioni che sicuramente possono anche spaventare, però non dobbiamo avere paura, dobbiamo invece affrontare con coraggio la crisi climatica che stiamo vivendo.
Tu sei milanese d’adozione. Come immagini Milano tra dieci anni?
Sappiamo che Milano è un centro, un polo per i lavoratori, per l’economia, per gli studenti, per la cultura e la moda. Insomma, è una città in continuo sviluppo. Mi piacerebbe che questo sviluppo fosse orientato a rendere la città più umana, più aperta, più sostenibile, più orientata a favorire le connessioni tra le persone. Una città con tante aree verdi, dove tutti possano godersi un po’ di pace e sicuramente con meno auto. Una Milano, quindi, più all’avanguardia, che segue l’esempio delle altre grandi città europee, meno trafficata ad esempio, e che al contempo continui a essere un centro di occupazione e un polo di attrazione per tutte le generazioni. La convivenza fra queste due realtà è possibile.