Marta Bonaconsa, CEO e co-fondatrice di Nanomnia, è una di quelle imprenditrici con sufficiente grinta da poter fondare non una, ma tre startup. Veronese, una laurea in biologia molecolare e un dottorato in neuroscienze, Marta ha creato l’azienda con due colleghi quattro anni fa. Oggi Nanomnia è una delle realtà dell’innovazione nordestina più promettenti, ed è senz’altro una delle eccellenze italiane che possono aiutare il Paese a essere all’altezza delle sfide del Green Deal europeo.
Per UpSens preoccuparsi della salute (dell’ambiente e delle persone) è una priorità, e lo è anche per Nanomnia, che in una recente campagna di crowdfunding ha raccolto 400mila euro, e che sta vivendo un momento di forte crescita. In questa conversazione per il nostro blog, Marta ci racconta qualcosa in più sul suo lavoro e su di lei. Buona lettura!

Di cosa si occupa Nanomnia, Marta?
Nanomnia interviene nella fase di applicazione in campo di prodotti per l’agricoltura, attraverso un approccio che punta a diminuirne il quantitativo. Come? Grazie alla tecnologia dell’incapsulamento, cioè – mi si perdoni qualche tecnicismo – compartimentando i composti, veicolandoli attraverso delle nanocapsule. Questo rende più efficace la somministrazione, e consente di diminuire la quantità di prodotto somministrato, dato che esso va direttamente dove deve andare. Non è tutto. Il guscio che contiene il principio attivo, cioè gli agrofarmaci che poi vanno in campo, è completamente privo di microplastiche, e quindi del tutto biodegradabile, perché composto da materiali naturali che poi vanno a degradarsi in natura senza residui nel terreno, nelle acque o nelle colture.
E qual è la filosofia che anima Nanomnia?
Vogliamo contribuire a una maggiore sostenibilità ambientale, a un mondo e a scelte più green. So che è ambizioso, ma noi vogliamo promuovere un cambiamento totale di approccio (tecnologico e non solo) da parte di chi adotta le nostre tecnologie, le grandi aziende. Vedi, noi siamo dei formulatori. Siamo quindi a monte della catena produttiva, e per tale ragione possiamo ispirare scelte nuove. Per il bene del pianeta e di tutti.
Quali sono le parole chiave che guidano il tuo agire imprenditoriale?
Non è un’unica parola, ma due: risorse umane. Puntiamo, quindi, sulle competenze, sulle elevate professionalità, e soprattutto sul team. Il che si traduce nell’offrire a chi lavora in Nanomnia un buon progetto e un buon trattamento umano, anche dal punto di vista economico. Le persone, e lo dico con la massima convinzione, sono tutto. Ecco perché un’azienda deve consentire loro di dare il meglio. E infatti come Nanomnia puntiamo a diventare anche un hub di idee, a elevato contenuto scientifico, dove possano trovare spazio anche i percorsi scientifici dei nostri ricercatori. Nanomnia, e lo voglio sottolineare ancora una volta, è fatta dalle risorse umane che la costituiscono.
Un’altra parola chiave, poi, è consapevolezza. Consapevolezza delle grandi, importantissime sfide che abbiamo di fronte dal punto di vista ambientale. Ma consapevolezza è anche saper ascoltare i partner e i clienti. In Nanomnia ascoltiamo sempre, con grande attenzione, il mercato, e posso dire che per molte aziende la dimensione ambientale è sempre più importante e centrale. Una terza parola chiave è competenza. Anzi, competenze, perché questa parola va declinata al plurale. Competenze complementari e trasversali. Noi spingiamo tantissimo sulle competenze, tutti gli investimenti interni sono in competenze (e tecnologia). Anche l’intera attività di fundrasing è finalizzata all’acquisizione strategica di competenze per cavalcare il nostro attuale vantaggio competitivo sull’aver sviluppato un prodotto privo di microplastiche.

Un punto di forza di Nanomnia?
La capacità di fare rete. Rete con i nostri partner accademici (capita di avere più collaborazioni con diversi gruppi accademici anche all’interno della medesima università), rete con i nostri clienti, che in realtà non sono clienti, ma partner di sviluppo. E aggiungo, rete anche con i nostri competitor… infatti abbiamo individuato alcuni nostri competitor che operano con tecnologie diverse dalla nostra, in ambiti dove esistono complementarietà; ecco allora profilarsi la grande opportunità di fare sviluppo commerciale reciproco.
Un approccio non comune.
Sì. [ride] Abbiamo questo approccio insolito con i competitor: anziché combatterli, farceli amici. Ed è un approccio vincente.
Siete un’azienda ambiziosa, che guarda al mondo, e ad alta intensità scientifica…
Esatto. Pensa solo ai brevetti: ne abbiamo uno, e ne stiamo depositando altri tre. Lavoriamo tanto in Italia, ma non solo: abbiamo appena chiuso un contratto con Israele, e tutte le aziende con cui stiamo lavorando pur avendo sede in Italia hanno un respiro internazionale. Aggiungo che abbiamo molte anime: siamo nati nel settore biomedicale e in un secondo momento abbiamo convertito la nostra tecnologia al settore agrochimico, ma con il tempo svilupperemo nuovi verticali, per esempio nella nutraceutica, nei materiali da costruzione ecc.

Prima, Marta, hai parlato di risorse umane, di quanto siano strategiche. Per te quanto è importante costruire, all’interno dei vostri uffici, dei vostri laboratori, uno spazio di benessere?
Fondamentale. Se le persone stanno bene nei luoghi dove lavorano e fanno ricerca, sono ovviamente più produttive, creative, motivate. In Nanomnia vogliamo che tutti si sentano a proprio agio, anche dal punto di vista che dicevi tu: una buona illuminazione, ambienti adeguati, ben aerati e confortevoli. Nanomnia fa l’impossibile per stimolare la creatività, anche perché siamo un’azienda ancora tutta da costruire, e quindi per noi è importantissimo lo spirito di iniziativa. Siamo un terreno fertile dove la persona può crescere nella più ampia libertà.
Tu sei una biologa molecolare con un dottorato in neuroscienze. Sei la CEO di una startup e una ricercatrice, e sei riuscita a conciliare tutte queste attività con una famiglia numerosa, di ben quattro figli. Non è facile.
È difficile, per me come per tutti. Però la costanza e la perseveranza hanno avuto la meglio nonostante le molte difficoltà. Per esempio, è stato difficile trovare le persone giuste che potessero farci da mentor quando abbiamo lanciato Nanomnia, e che comprendessero le aspirazioni mie e dei miei soci. E dato che io sono stata sin da subito alla guida del progetto, per me è stato molto impegnativo conciliare la vita personale, così come accade a tante altre mamme, con l’acquisizione di nuove competenze… a un certo punto ho davvero dovuto rimettermi a studiare, acquisendo diversi master. Però Nanomnia è la mia passione, e i miei figli lo hanno capito sin da subito, sono stata molto fortunata!

Di recente Ketty Paller, la CEO di UpSens, ha fatto una riflessione sulla leadership femminile che è stata molto apprezzata sui social. Secondo te esiste un tipo di leadership imprenditoriale più femminile, forse maggiormente attenta alla resilienza, alla flessibilità e alle risorse umane?
Posso parlare di ciò che sono io come imprenditrice. E per me le risorse sono tutto. Ora, non so se l’attenzione alle persone sia una prerogativa più femminile, forse è una prerogativa materna [sorride] non nel senso che è un’esclusiva delle madri, ma che ha una dimensione accudente da molti associata alla figura materna. L’attenzione alle risorse umane scaturisce, per noi donne, anche dalle difficoltà che molte di noi hanno subito nel corso della carriera. Io ho incontrato una serie di ostacoli soltanto perché ero donna e madre. Detto questo, non smetterò mai di credere nel valore delle persone, di lavorare con una squadra di donne e uomini con tantissima voglia di crescere e imparare. E aggiungo una cosa: preferisco un team con ottime potenzialità e affiatato a un team di fuoriclasse che corrono da soli. Il talento da solo non basta, non è sufficiente a rendere un’impresa sostenibile. Bisogna coltivare la passione.
Un’ultima domanda: secondo te in futuro l’attuale attenzione all’ambiente, alla salubrità, alla qualità della vita sarà più o meno importante di oggi?
Sarà centrale. Penso che dovrà esserci un’evoluzione, una trasformazione, e anche in tempi davvero molto rapidi, a livello internazionale. L’attenzione alla salute (delle persone, dell’ambiente) diventerà davvero il primo obiettivo. Problemi gravissimi come l’inquinamento delle acque, dell’aria, del cibo, del suolo, come il non poter camminare scalzi sul prato perché è trattato con funghicidi tossici… ecco, è urgente risolverli. E le aziende e le società che non si adegueranno saranno destinate all’estinzione. Il cambiamento è alla base dell’evoluzione, perciò non resta che metterci in marcia, e anche in fretta. Non abbiamo più tempo da perdere, la Terra non ha più molta pazienza.