Gli italiani sono sempre stati un popolo di architetti, ingegneri e costruttori. Non c’è bisogno di scomodare i romani, famosi per le loro strade, le loro ville e i loro acquedotti, o geni del Rinascimento come Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti. Pensiamo solo a grandi menti del XIX secolo, come Alessandro Antonelli, che progettò l’omonima Mole a Torino, o Luigi Giura, passato alla storia per la progettazione del secondo ponte sospeso della storia europea, sul Garigliano. E conosciamo tutti i nomi dei celebri ingegneri e architetti italiani che nel XX secolo (e nei primi due decenni del secolo corrente) hanno realizzato infrastrutture ed edifici rivoluzionari, in Italia e all’estero.

Costruire, nel nostro paese, è sempre stato sinonimo di innovazione. La già menzionata Mole antonelliana, per esempio, quando fu inaugurata nel 1889 fu salutata come un prodigio della tecnica, un capolavoro degno del Rinascimento, e sino al 1908 fu il più alto edificio in muratura del mondo. Il ponte di Giura, nel 1832, stupì l’Europa. Agli inizi del secolo i disegni dell’architetto futurista Antonio Sant’Elia furono così visionari da precorrere il Bauhaus, e il Miracolo economico italiano venne reso possibile anche dal talento di ingegneri straordinari, in grado di padroneggiare concezioni, tecniche e materiali nuovi per progettare grandi edifici, ferrovie, autostrade e ponti che ancora oggi rappresentano la spina dorsale del paese.
Oggi, nell’era della Greta generation, dell’IA e della salute come priorità assoluta, la nuova frontiera del costruire si chiama smart building. Gli esseri umani si sforzano di costruire in modo intelligente sin dalla notte dei tempi, questo è chiaro, però oggi l’orizzonte è quello di integrare, in edifici e infrastrutture, sistemi evoluti per gestire in modo automatizzato operazioni fondamentali come l’illuminazione, il condizionamento, il monitoraggio dell’aria, la ventilazione, la sicurezza, il riscaldamento ecc.

L’obiettivo è un incremento significativo delle prestazioni complessive della struttura, in termini di maggiore efficienza o sicurezza, così come di un miglioramento del benessere e della qualità della vita delle persone che nella struttura vivono, lavorano, studiano o transitano.
Costruire in modo smart significa consentire ai vari impianti (ad es. quello dell’illuminazione, quello dell’aria condizionata, quello del riscaldamento) di raccogliere molti più dati, di auto-monitorarsi e di dialogare tra loro. Il cuore di questi sistemi sono le piattaforme software che analizzano i dati e supervisionano gli impianti, ma gli occhi e le orecchie sono i sensori. Infatti lo smart building è stato reso possibile anche dal boom dell’IoT, che (come elemento chiave dell’Industria 4.0) sta cambiando il volto del manifatturiero globale. Quest’imponente trasformazione tecnologica, tuttavia, non è fine a se stessa ma, come si anticipava sopra, è al servizio dell’essere umano.
Come la “fabbrica intelligente” è quel sito industriale connesso e automatizzato che permette non solo di potenziare il controllo sui processi ma di amplificare le capacità produttive (e creative) della forza-lavoro, ad es. migliorando la collaborazione con computer e macchine, o ridefinendo compiti, tempi e mansioni, così la “casa intelligente”, la “scuola intelligente”, l’“ufficio intelligente” sono in grado di accrescere, oltre al benessere e alla qualità della vita delle persone, anche la loro creatività, produttività, capacità di immaginare e di innovare.
Nella miglior tradizione rinascimentale italiana, grazie allo smart building l’essere umano torna al centro degli ambienti indoor (dove trascorre mediamente il 90% del suo tempo).

La sfida è complessa, e riguarda sia le nuove costruzioni che l’enorme patrimonio immobiliare preesistente (sotto forma di retrofitting). Poiché coniuga la dimensione del software e quella dell’hardware, e richiede competenze tecniche, creative e scientifiche a 360° (dall’elettronica all’informatica, dal design alla biologia umana) lo smart building costituisce una delle grandi frontiere dell’innovazione, e un banco di prova per professionisti, aziende, comunità, e per l’intero sistema-paese. È una sfida che l’Italia può vincere, come ci insegna la nostra storia vicina e lontana.
Al contempo, lo smart building può essere un formidabile driver per rendere più competitiva, dinamica ed evoluta l’economia; un’eccezionale occasione di sviluppo, perché la domanda di efficienza, sicurezza e benessere è in impetuosa crescita non soltanto in Italia, ma in tutto il mondo.
Il benessere, in particolare, è un concetto fondamentale. Non c’era bisogno della pandemia per capire che le persone, da Torino a Boston, da Londra a Seul, chiedono sempre più qualità della vita, salute e natura (sì, natura: essa è fondamentale per il nostro benessere psico-fisico, come abbiamo scritto più volte in questo blog). La domanda di spazi salubri è in pieno boom, come si vede dalla fame di parchi cittadini, di quartieri ecologici e di boschi urbani, e soprattutto di abitazioni in materiali naturali, immerse nel verde e magari prossime a specchi d’acqua, ricche di luce naturale. Ancora, un mondo che invecchia, dall’Europa alla Cina, è un mondo che a inizia a capire l’importanza di star bene, e ad apprezzare il piacere dell’aria fresca e pulita, di una camminata tra gli alberi, di una temperatura e umidità indoor salubri, o di una concentrazione di anidride carbonica indoor (CO2) ottimale.

Uno smart building italiano particolarmente focalizzato sul benessere, frutto del connubio tra tecnologia innovativa, design d’eccellenza e passione per la qualità della vita, potrebbe far sognare decine di milioni di consumatori ad alto potere d’acquisto americani, nordeuropei e asiatici che già oggi arredano le loro case con i migliori mobili del Made in Italy; si affidano a designer, architetti e ingegneri italiani per la progettazione e ideazione delle loro abitazioni; acquistano immobili in tutta la penisola. È un mercato immenso, tutto da esplorare. E in grado di rivoluzionare e migliorare lo stile di vita dell’umanità.